mercoledì 25 dicembre 2013
Almeno oggi, niente #robadasemiotici!
Tanti auguri di un felice e sereno Natale. Che possiate congiungervi con tutti i vostri oggetti di valore... ops.
giovedì 28 novembre 2013
Del masochismo grafico (e comunicativo) del PD
L'altra sera, mentre tornavo a casa in quel di Bologna, ho visto sul parabrezza di un'auto questo volantino (che ho fotografato, perché in rete non ne ho trovato traccia):
È una brochure elettorale per le imminenti primarie del PD. C'è il solito faccione photoshoppato e un giochino di parole con il cognome del candidato che, sulle prime, potrebbe - dico potrebbe - anche risultare originale e interessante. Peccato che nella stessa campagna già Civati ha ampiamente utilizzato questo escamotage, modificando il suo cognome a seconda dei contesti e degli obiettivi: il suo blog, ad esempio, si chiama 'ciwati', mentre su Twitter ha lanciato l'hashtag 'civoti'.
Detto questo, però, al di là della scarsa originalità, c'è qualcosa che mi turba. Indugio ancora un attimo sulla parte testuale e come accade con le illusioni ottiche della Gestalt, a un tratto lo sfondo diventa figura e viceversa. Il 'per' passa per un momento in secondo piano e a saltare all'occhio sono le lettere rimanenti: c - u - l -o. Si, hai letto bene!
Dunque, non solo la trovata grafica fa si che l'(e)lettore focalizzi la sua attenzione sul cognome del candidato (senza dubbio particolare, tanto che Crozza ci ha già ironizzato su), ma lo fa offrendo il fianco a nuovi sfottò. Già me lo vedo un tizio infreddolito che, staccando il volantino dal parabrezza congelato, pensa tra sé e sé: "Guarda che bella faccia da cuperlo!"
È una brochure elettorale per le imminenti primarie del PD. C'è il solito faccione photoshoppato e un giochino di parole con il cognome del candidato che, sulle prime, potrebbe - dico potrebbe - anche risultare originale e interessante. Peccato che nella stessa campagna già Civati ha ampiamente utilizzato questo escamotage, modificando il suo cognome a seconda dei contesti e degli obiettivi: il suo blog, ad esempio, si chiama 'ciwati', mentre su Twitter ha lanciato l'hashtag 'civoti'.
Detto questo, però, al di là della scarsa originalità, c'è qualcosa che mi turba. Indugio ancora un attimo sulla parte testuale e come accade con le illusioni ottiche della Gestalt, a un tratto lo sfondo diventa figura e viceversa. Il 'per' passa per un momento in secondo piano e a saltare all'occhio sono le lettere rimanenti: c - u - l -o. Si, hai letto bene!
Dunque, non solo la trovata grafica fa si che l'(e)lettore focalizzi la sua attenzione sul cognome del candidato (senza dubbio particolare, tanto che Crozza ci ha già ironizzato su), ma lo fa offrendo il fianco a nuovi sfottò. Già me lo vedo un tizio infreddolito che, staccando il volantino dal parabrezza congelato, pensa tra sé e sé: "Guarda che bella faccia da cu
martedì 19 novembre 2013
Prima lezione di... semiotica!
A tutti quelli che si chiedono che cos'è la semiotica, consiglio di dare uno sguardo al video qui sotto. È stato realizzato dall'Università di Catania nell'ambito della (bella) iniziativa "Prima lezione di...", che vede professori dell'Ateneo tenere delle lezioni introduttive su alcune discipline universitarie a dei ragazzi delle superiori. In questo caso, il prof. Sebastiano Vecchio illustra le prime nozioni di semiotica a partire da un approccio storico-filosofico. Buona visione!
sabato 2 novembre 2013
Il mio ultimo post per SemioBo
Dopo un breve periodo di stop dovuto alla stesura della tesi (tuttora in progress), sono tornato a scrivere per SemioBo. Questa volta ho provato ad analizzare uno spot di cui si è parlato molto negli ultimi tempi e che ha totalizzato quasi due milioni di views su YouTube. Il titolo dell'articolo è: Dal potere del prodotto a quello del sorriso. Riflessioni semiotiche sulla nuova campagna Oral B. Ecco le prime righe, il resto lo trovate su SemioBo. Buona lettura ;-)
Bello, poetico, commovente. Sono questi i commenti più frequenti in rete allo spot “Il potere di un sorriso” di Oral B, noto brand di P&G che produce spazzolini e prodotti per l’igiene orale. In effetti lo spot funziona: emoziona gli spettatori mettendo in scena soggetti appassionati. L’uomo al colloquio di lavoro o la bambina al parco fremono, tentennano, si imbarazzano. In più, le inquadrature, le scelte di montaggio e la colonna sonora aumentano l’effetto tensivo e ci tengono incollati allo schermo in attesa dell’happy ending.
Detto questo, però, ciò che rende particolarmente interessante lo spot non è tanto la dimensione “poetica” in sé, quanto la forte discontinuità con le precedenti comunicazioni del brand e, in generale, con quelle di settore. CONTINUA A LEGGERE
giovedì 24 ottobre 2013
Semiotica di David Lynch
Qualche giorno fa ho beccato in tv Velluto Blu, un film di David Lynch di cui avevo sentito parlare, ma che non avevo mai visto. Devo dire che non sono un grande appassionato di cinema e men che mai un esperto, ma durante i miei studi ho letto - e fatto - diverse analisi semiotiche di testi filmici e le ho trovate molto interessanti e formative. Così, al termine del film, mosso dalla curiosità, ho dato uno sguardo in rete e mi sono imbattuto in questo: una puntata di Tempi Dispari in cui il semiotico Pierluigi Basso Fossali illustra l'opera del regista statunitense a partire dal suo libro Interpretazioni tra mondi. Il pensiero figurale di David Lynch. Ecco qui i due video, densi ma molto chiari. Buona visione!
sabato 12 ottobre 2013
Tre giorni, qualche piadina e tanta semiotica
Eccomi qui, come promesso, a raccogliere un po' di impressioni personali sul XLI Congresso dell'AISS (Associazione Italiana di Studi Semiotici) che si è tenuto a Rimini la settimana scorsa.
Nel complesso è stata davvero una bella esperienza, anche un tantino emozionante: vedere dal vivo alcuni degli studiosi più importanti della tua disciplina, persone che fino a quel momento avevi visto solo sulla quarta di copertina dei libri, fa un certo effetto. E ascoltarli discutere su alcuni degli sviluppi e dei temi "caldi" della materia, oltre a offrire innumerevoli spunti di riflessione, restituisce il quadro di una disciplina viva e appassionante.
Come da programma, gli interventi sono stati davvero tanti, e ancor di più sono state le repliche e le riflessioni di altri prof e ricercatori accorsi da tutta Italia. Devo dire che c'erano anche diversi studenti, principalmente dell'Ateneo bolognese, e tra questi, buona parte della redazione di SemioBo.
Purtroppo alcuni atelier erano in contemporanea e, mio malgrado, ho dovuto scegliere quali seguire. Tra quelli a cui ho partecipato, mi è piaciuto molto "Gastromania" coordinato da Gianfranco Marrone e, come avrete capito, dedicato al cibo, un campo di indagine sul quale si è scritto molto negli ultimi tempi ma che non avevo ancora avuto modo di approfondire.
In più ho trovato particolarmente interessanti, per le posizioni sostenute e per il dibattito acceso che ne è scaturito, gli interventi di Maria Giulia Dondero e Ugo Volli. La prima ha risollevato la spinosa questione dell'analisi semiotica delle pratiche e la necessità di elaborare una notazione per rendere conto più efficacemente della loro osservazione; il secondo, invece, ha sottolineato l'impossibilità di ricostruire la dimensione del sistema nei fatti di moda e nelle strategie vestimentarie.
Infine, durante i lavori, ci sono stati diversi momenti informali che hanno reso il tutto davvero godibile e in certi casi persino spassoso. Non ci credete? E allora date un'occhiata a questo...
Nel complesso è stata davvero una bella esperienza, anche un tantino emozionante: vedere dal vivo alcuni degli studiosi più importanti della tua disciplina, persone che fino a quel momento avevi visto solo sulla quarta di copertina dei libri, fa un certo effetto. E ascoltarli discutere su alcuni degli sviluppi e dei temi "caldi" della materia, oltre a offrire innumerevoli spunti di riflessione, restituisce il quadro di una disciplina viva e appassionante.
Come da programma, gli interventi sono stati davvero tanti, e ancor di più sono state le repliche e le riflessioni di altri prof e ricercatori accorsi da tutta Italia. Devo dire che c'erano anche diversi studenti, principalmente dell'Ateneo bolognese, e tra questi, buona parte della redazione di SemioBo.
Purtroppo alcuni atelier erano in contemporanea e, mio malgrado, ho dovuto scegliere quali seguire. Tra quelli a cui ho partecipato, mi è piaciuto molto "Gastromania" coordinato da Gianfranco Marrone e, come avrete capito, dedicato al cibo, un campo di indagine sul quale si è scritto molto negli ultimi tempi ma che non avevo ancora avuto modo di approfondire.
In più ho trovato particolarmente interessanti, per le posizioni sostenute e per il dibattito acceso che ne è scaturito, gli interventi di Maria Giulia Dondero e Ugo Volli. La prima ha risollevato la spinosa questione dell'analisi semiotica delle pratiche e la necessità di elaborare una notazione per rendere conto più efficacemente della loro osservazione; il secondo, invece, ha sottolineato l'impossibilità di ricostruire la dimensione del sistema nei fatti di moda e nelle strategie vestimentarie.
Infine, durante i lavori, ci sono stati diversi momenti informali che hanno reso il tutto davvero godibile e in certi casi persino spassoso. Non ci credete? E allora date un'occhiata a questo...
giovedì 3 ottobre 2013
Tutti a Rimini!
No, non a fare la bella vita, ma per seguire i lavori del XLI Congresso dell'AISS, (Associazione Italiana di Studi Semiotici) che quest'anno è dedicato al rapporto tra "Arti del vivere e semiotica". Tre giorni - dal 4 al 6 ottobre - ricchi di appuntamenti e studiosi di rilievo. Io e diversi compagni di corso ci saremo e nel prossimo post vi racconterò come è andata. Nel frattempo ecco il link alla pagina dove potete trovare il programma definitivo e maggiori informazioni sul convegno.
lunedì 30 settembre 2013
Diario di un tesista #2: che tipo di tesista sono?
E fu così che, mentre ero sommerso da scartoffie e appunti (digitali), mi capitò di imbattermi in qualcosa di incredibilmente calzante... e divertente: un post di Vincenzo Romania dal titolo 10 tipi di tesisti che non vorrei mai incontrare. Vale la pena riportarlo integralmente e rifletterci un po' su...
Ogni professore sogna di incontrare sulla sua strada un tesista appassionato del suo oggetto di studio, familiare con esso, critico verso sé stesso e verso di lui, originale ed autonomo. Più spesso, però, incontra personaggi che si possono, scherzosamente, racchiudere in queste 10 categorie:
1. Xerox: il genio del Ctrl c+Ctrl V, passa tutta la sua giornata fra Tesionline.it, studenti.it, scribd.com e simili. La sua frase tipica è “professore, mi scusi, non ho mai scritto una tesi e non sapevo che bisognasse citare l’autore”;
2. Superman: spesso è una variante di Xerox o un suo compagno di merende. La sua frase tipica è: “professore, lo so che mancano tre giorni alla consegna della tesi, ma lavoro giorno e notte e sono sicuro di riuscire a presentare la tesi finita per lunedì”;
3.Umberto Eco de no’artri: è sicuro che la logica aristotelica andrebbe riformata, che Wittgenstein in fondo non era andato troppo a fondo con il suo Trattato e così via. La sua frase tipica è: “professore, ma secondo lei un giudizio di tesi non è, di per sé, ontologicamente adipodittico?”. Poi 9 volte su 10, magari non ci ha capito niente. Era il mio più grande difetto, e a lungo lo è stato e lo è ancora.
4. Bruno Cortona (alias ‘il compagnone’): quando lo vedi per strada, a 100 metri ti corre incontro per offrirti un caffé. Ti parla delle sue vacanze, ti chiede delle tue, cita la tua pagina facebook poi ti prende sottobraccio e si permette di dirti: “Allora professò, sti 5 punti di tesi, me li assicura no?”;
5. principessina Sissy. Non ha mai vissuo una difficoltà nella vita. Pensa che il docente sia come il medico della mutua, disponibile 24h su 24.’ Una volta una studentessa mi chiese: “professore potrebbe ricevermi mezzora prima, che oggi mia madre ci teneva tanto che arrivassi presto per pranzo?”
6. Robocop o Vicky. Quello che gli dici fa, quello che non gli dici non fa. La sua frase tipica è: “professore ho finito quello che mi aveva dato da leggere, ora cosa devo fare?”;
7. Interlinea 2, Arial 14, margini 4 cm: non ha una particolare attenzione per gli alberi dell’Amazzonia. Scrive 50.000 caratteri e li distribuisce, magicamente, in 60 cartelle e poi ha anche il coraggio di chiederti: “professore, secondo lei ho scritto troppo?”;
8. Cartesio. Ha dubbi su tutto, e li traduce in centinaia di domande. Fino alla fine non è sicuro neanche della tesi che ha scelto, del professore che l’ha seguito, del corso di laurea a cui si è iscritto. La sua frase tipica è: “boh…non saprei, lei che dice?”;
9. Ulisse: ti chiede la tesi a febbraio e torna con la tesi completa a fine maggio, una settimana prima della consegna e pretende anche che gliela firmi. Una volta una tesista mi disse: “Mi scusi professore se sono mancata tutto questo tempo, ma mi sono rotta un braccio ballando in discoteca”…
10. l’opportunista. Alla fine forse è colpa nostra, o del modello di università nel quale viviamo. Ma quando un tesista ti chiede: “mi fa laureare, anche con 2 punti, tanto non mi importa di quello che scrivo, ho già un lavoro”, ti cadono veramente le braccia..
(11.) siamo per primi noi ad essere, spesso, del tutto inferiori alle aspettative degli studenti..come sempre, scherziamoci su :)
mercoledì 18 settembre 2013
Diario di un tesista #1: dubbi amletici
Scrivere come se non ci fosse un domani o scrivere per fare in modo che questo domani venga al più presto e magari sia anche un tantino più roseo delle aspettative?
Poco importa, quel che conta adesso è scrivere. E allora vai di libri sottolineati, appunti, post-it e pagine di word che scorrono sul monitor. E chi vivrà vedrà!
Poco importa, quel che conta adesso è scrivere. E allora vai di libri sottolineati, appunti, post-it e pagine di word che scorrono sul monitor. E chi vivrà vedrà!
giovedì 12 settembre 2013
Dove eravamo rimasti...
Concluse le vacanze ormai da due settimane, sono tornato in terra emiliana più carico (di lavoro) che mai. Devo dire che l'estate è andata bene ed è stata anche alquanto produttiva, tra interessanti letture semiotiche e un buon inizio di stesura della tesi. Comunque, non sto qui a raccontarvi di scottature e aperitivi, piuttosto vi segnalo che su SemioBo è stato pubblicato un mio post che ho scritto appena uscito dall'embargo digitale in cui mi ero rifugiato. Si intitola Chi di spot ferisce di spot perisce. Vizi e virtù del subvertising. Ecco qui l'incipit, se vi va dategli un'occhiata ;-).
Amata, odiata e ora persino sovvertita, la pubblicità ha da sempre diviso le coscienze di studiosi, professionisti e persone comuni.
C’è chi sottolinea come abbia inciso positivamente sul processo di sviluppo delle società occidentali, come rappresenti un fulgido esempio della creatività umana e come, in definitiva, sia uno strumento particolarmente potente, ma proprio per questo capace di produrre effetti positivi o negativi sulla cultura sociale a secondo dell’uso che ne viene fatto.
Altri, invece, la considerano un vero e proprio pericolo per la democrazia, la cultura e l’equilibrio cognitivo dell’uomo; un mezzo di manipolazione, di creazione di falsi bisogni e stili di vita e soprattutto il principale veicolo dei tanto osteggiati processi di globalizzazione economica e culturale.
Tra loro spiccano collettivi come adbusters o Billboard Liberation Front che non si limitano a scagliarsi contro la pubblicità, ma la studiano, ne padroneggiano i codici e la combattono a suon di subvertising. CONTINUA A LEGGERE
mercoledì 7 agosto 2013
Buone vacanze!
martedì 6 agosto 2013
SemioBo non va in vacanza!
Nonostante sia agosto inoltrato, la pubblicazione di nuovi post non si ferma e proseguirà per tutto il mese (giovedì 15 escluso... naturalmente!). Proprio qualche giorno fa è stato pubblicato un mio articolo dal titolo: Mala tempora currunt. La crisi italiana attraverso la pubblicità commerciale. Come sempre, eccone un assaggio. Il resto lo trovi su SemioBo. Buona lettura :-).
Certo che in Italia siamo messi proprio male. E non lo dico certo io, né tantomeno il tg della sera, e neanche un quotidiano nazionale. Lo dice la pubblicità. Negli ultimi tempi sono state lanciate numerose campagne che, seppur in modo diverso, tirano in ballo tutte la difficile situazione socio-politico-economica del nostro Paese. CONTINUA A LEGGERE
mercoledì 31 luglio 2013
No. I giorni dell'arcobaleno
Dalla sua uscita, la pellicola del regista cileno Pablo Larraín ha fatto parlare molto di sé, vincendo numerosi premi (in patria e non solo) e ricevendo una nomination come miglior film straniero agli Oscar 2013.
Il film ruota attorno alla figura di Renè Saavedra, il pubblicitario cileno che concepì lo spot "Chile l'alegria ya viene", uno spot che avrebbe contribuito a cambiare le sorti del suo Paese. Siamo infatti nel 1988 e al suo team viene commissionata una campagna per sostenere il "No" al referendum in merito alla continuazione del regime di Pinochet.
Il film è molto bello e interessante, soprattutto per chi studia o opera nel mondo della comunicazione. In più, vi è una piccola chicca: in una delle scene chiave si fa esplicito riferimento a una "semiologia propria della pubblicità" (minuto 1.45). Insomma, oltre che uno dei lavori cinematografici più apprezzati dell'ultimo anno, "No" è anche un ottimo esempio di semiotica nei media. Assolutamente da vedere.
Il film è molto bello e interessante, soprattutto per chi studia o opera nel mondo della comunicazione. In più, vi è una piccola chicca: in una delle scene chiave si fa esplicito riferimento a una "semiologia propria della pubblicità" (minuto 1.45). Insomma, oltre che uno dei lavori cinematografici più apprezzati dell'ultimo anno, "No" è anche un ottimo esempio di semiotica nei media. Assolutamente da vedere.
mercoledì 24 luglio 2013
Op-op gadget semiotico!
Hai un/una amico/a, fidanzato/a fissato/a con la semiotica? Hai esaurito la lista di libri dai titoli astrusi che ti aveva fornito e ora non sai proprio cosa regalargli? Bene, ti rallegrerà sapere che in rete si trovano gadget come questi:
Che puoi ordinare rispettivamente (e comodamente) qui e qui. Fidati, il tipo o la tipa apprezzerà! ;-)
Che puoi ordinare rispettivamente (e comodamente) qui e qui. Fidati, il tipo o la tipa apprezzerà! ;-)
venerdì 12 luglio 2013
Quadrato semiotico degli utenti della Vesuviana
Sulla Circumvesuviana se ne sentono di tutti i colori: dagli scioperi selvaggi ai servizi di Striscia la Notizia, dalle risse in stazione alle interrogazioni parlamentari, dalle innumerevoli pagine Facebook di sfottò alle inchieste giudiziarie. Ma dei suoi utenti, invece, cosa sappiamo? Chi sono, cosa fanno e soprattutto, dove credono di andare?
Nelle interminabili ore di attesa in banchina, ho visto cose che voi umani non potreste immaginarvi. O meglio, ho visto umani fare cose che voi automuniti fareste fatica a credere. Tra una corsa soppressa e un ritardo abissale, ho osservato a lungo i passeggeri e alla fine, da buon semiotico, li ho "inquadrati" per bene. Ecco qui:
L'indignato (attivo)
Lo riconosci perché, in preda a una furia omicida, percorre in lungo e in largo la banchina, macinando chilometri. Sbraita, impreca, a volte bestemmia. Non può proprio farne a meno, deve esprimere il proprio dissenso. Poco importa se di fronte a sé ha un controllore arrogante o una docile vecchina. A seconda dei casi può proporre una petizione, telefonare a Striscia la notizia o pestare a sangue un macchinista.
Il rassegnato (passivo)
Magari non lo dice, ma in cuor suo ci spera sempre. Si augura che il suo treno non venga soppresso e che magari arrivi con un ritardo accettabile (la solita mezz'oretta). Per lui non c'è alternativa alla tanto bistrattata Vesuviana, o almeno ne è convinto. Resta pazientemente in attesa e intanto, tra sé e sé pensa: “Comm (e soprattutto quann) vene accussì cia pigliamm”.
L'avveduto (non-passivo)
Sotto sotto se l'aspetta, e così si anticipa, si organizza e ha sempre un piano "b". Spesso conosce a memoria gli orari dei mezzi pubblici di tutta la rete dei trasporti regionali e durante l’attesa coinvolge gli altri viaggiatori nell'elaborazione di un itinerario alternativo. Lo riconosci quando sbotta: “Sai che c'è di nuovo, vado a prendere la metro (o il pullman, o l'aliscafo o…)”.
L'allibito (non-attivo)
Fa tenerezza. Dopo aver ascoltato l'annuncio (rigorosamente in aramaico) che il suo treno è stato soppresso, resta fermo, con gli occhi sgranati, in preda al panico. Non sa che fare e cerca conforto negli altri passeggeri. Si tratta quasi sempre di turisti o viaggiatori occasionali, ignari del fatto che di questi tempi è più facile prendere un terno che un treno. A seconda della nazionalità puoi sentirlo esclamare "Oh my god!" o più comunemente "Uh maronn!".
E tu, mio sventurato compagno di viaggio, che tipo di utente sei?
Nelle interminabili ore di attesa in banchina, ho visto cose che voi umani non potreste immaginarvi. O meglio, ho visto umani fare cose che voi automuniti fareste fatica a credere. Tra una corsa soppressa e un ritardo abissale, ho osservato a lungo i passeggeri e alla fine, da buon semiotico, li ho "inquadrati" per bene. Ecco qui:
Lo riconosci perché, in preda a una furia omicida, percorre in lungo e in largo la banchina, macinando chilometri. Sbraita, impreca, a volte bestemmia. Non può proprio farne a meno, deve esprimere il proprio dissenso. Poco importa se di fronte a sé ha un controllore arrogante o una docile vecchina. A seconda dei casi può proporre una petizione, telefonare a Striscia la notizia o pestare a sangue un macchinista.
Il rassegnato (passivo)
Magari non lo dice, ma in cuor suo ci spera sempre. Si augura che il suo treno non venga soppresso e che magari arrivi con un ritardo accettabile (la solita mezz'oretta). Per lui non c'è alternativa alla tanto bistrattata Vesuviana, o almeno ne è convinto. Resta pazientemente in attesa e intanto, tra sé e sé pensa: “Comm (e soprattutto quann) vene accussì cia pigliamm”.
L'avveduto (non-passivo)
Sotto sotto se l'aspetta, e così si anticipa, si organizza e ha sempre un piano "b". Spesso conosce a memoria gli orari dei mezzi pubblici di tutta la rete dei trasporti regionali e durante l’attesa coinvolge gli altri viaggiatori nell'elaborazione di un itinerario alternativo. Lo riconosci quando sbotta: “Sai che c'è di nuovo, vado a prendere la metro (o il pullman, o l'aliscafo o…)”.
L'allibito (non-attivo)
Fa tenerezza. Dopo aver ascoltato l'annuncio (rigorosamente in aramaico) che il suo treno è stato soppresso, resta fermo, con gli occhi sgranati, in preda al panico. Non sa che fare e cerca conforto negli altri passeggeri. Si tratta quasi sempre di turisti o viaggiatori occasionali, ignari del fatto che di questi tempi è più facile prendere un terno che un treno. A seconda della nazionalità puoi sentirlo esclamare "Oh my god!" o più comunemente "Uh maronn!".
E tu, mio sventurato compagno di viaggio, che tipo di utente sei?
mercoledì 10 luglio 2013
Checkpoint
In un afoso pomeriggio di luglio, mi ritrovo a fissare il desktop del mio portatile. Come sempre è pieno zeppo di file, per la maggior parte appunti, dispense, bozze di tesine e altri materiali didattici. Ma è giunto il momento di mettere un po' d'ordine.
La settimana scorsa, infatti, ho dato il mio ultimo esame. Il quattordicesimo in poco più di diciannove mesi. Riflettendoci, è stata una bella cavalcata, impegnativa, ma ricca di soddisfazioni.
A quanto pare la mia avventura bolognese volge al termine, o quantomeno la sua parentesi universitaria. Mi rendo conto che dopo aver ragionato per anni in termini di corso-preparazione-appello, dovrò cambiare radicalmente stile di vita. E questo a prescindere dalla strada che deciderò di, o meglio, riuscirò a intraprendere.
D'altro canto, all'appello manca ancora la tesi. Terminati gli esami, finalmente posso dedicarmi a tempo pieno alla sua stesura e approfondire ulteriormente quelle tematiche che, in fin dei conti, mi hanno spinto a scegliere questo corso di laurea: caro Floch, a noi due! :-)
La settimana scorsa, infatti, ho dato il mio ultimo esame. Il quattordicesimo in poco più di diciannove mesi. Riflettendoci, è stata una bella cavalcata, impegnativa, ma ricca di soddisfazioni.
A quanto pare la mia avventura bolognese volge al termine, o quantomeno la sua parentesi universitaria. Mi rendo conto che dopo aver ragionato per anni in termini di corso-preparazione-appello, dovrò cambiare radicalmente stile di vita. E questo a prescindere dalla strada che deciderò di, o meglio, riuscirò a intraprendere.
D'altro canto, all'appello manca ancora la tesi. Terminati gli esami, finalmente posso dedicarmi a tempo pieno alla sua stesura e approfondire ulteriormente quelle tematiche che, in fin dei conti, mi hanno spinto a scegliere questo corso di laurea: caro Floch, a noi due! :-)
sabato 6 luglio 2013
Un gran bel risultato (di ricerca)
Eccoci qui, esattamente due mesi dopo il lancio del nuovo sito SemioBo | Analyze it entriamo tra i suggerimenti di Google. Tra l'altro, subito dietro i nostri idoli :-p "semiotica", "semiologia" e "semiotica unibo". Che dire, grazie a tutti voi che ci cercate e ai tanti che ormai ci leggono assiduamente!
venerdì 28 giugno 2013
Un personalissimo tormentone estivo
Cari studenti (di semiotica), non avete ancora trovato il vostro tormentone estivo? O meglio, da sessione estiva? Ascoltate un po' questo: è un pezzo dei Bisca e si intitola SDS (Semiotic Destroy System). Sarà per il titolo, sarà che vorrei tanto capire che caspita dicono nel ritornello, fatto sta che ormai lo ascolto in loop da un paio di settimane!
Ringrazio il buon Emanuele Atturo per avermi segnalato questo capolavoro di Semiotica nei media. Buon ascolto e in bocca al lupo per gli esami!
Ringrazio il buon Emanuele Atturo per avermi segnalato questo capolavoro di Semiotica nei media. Buon ascolto e in bocca al lupo per gli esami!
venerdì 14 giugno 2013
Eco d'estate
Tra un post e un esame, siamo giunti ormai a metà giugno. L'estate è alle porte e, visto il clima, ho pensato fosse il momento ideale per proporvi questa bella intervista - molto estiva - di Leonardo Romei a Umberto Eco. Il video, datato 16 luglio 2006, è tratto dal portale Semiotica Cultura Comunicazione e si intitola Semiotica: origini, definizione, sguardo sul presente. Buona visione!
sabato 8 giugno 2013
Semiotica e bolle di sapone
Qualche mese fa, mentre
passeggiavo per Piazza Plebiscito, notai due bambini che giocavano con una pistola sparabolle. Mentre si rincorrevano urlando a squarciagola, mi vennero in mente un paio di cosucce semioticamente interessanti. Le appuntai, pensando che sarebbe potuto uscirci un post per questo blog.
Dopo aver scritto l'articolo, però, una serie di favorevoli coincidenze ha fatto si che venisse pubblicato su www.semiobo.it con il
titolo “Quando un’analisi semiotica finisce in una bolla di sapone. Riflessioni
estemporanee su giochi e oggetti ludici". Così, per ovviare alla mancata pubblicazione, ho pensato di postarne una parte anche qui.
C’era una volta un coloratissimo tubetto con dell’acqua e sapone. Con questo e una cannuccia, intere generazioni hanno trascorso ore a creare bolle dalle forme bizzarre e i colori cangianti.
C’era una volta… e rischia di non esserci più.
Da qualche tempo, ha fatto la sua comparsa sul mercato (rionale e non solo) un oggetto dall’aria apparentemente innocente: la sparabolle. Una specie di pistola ad acqua, a batterie, che, opportunamente caricata, produce bolle di sapone a ripetizione. Bene, a giudicare dalla sua diffusione, questa piccola diavoleria potrebbe ben presto far scomparire il suddetto tubetto. E allora? – direte voi – Cosa ci sarà mai di così interessante? Alla fine sono solo giocattoli.
Alla fine, appunto. CONTINUA A LEGGERE
lunedì 3 giugno 2013
Dico(no) di SemioBo
Cosa succede quando una brillante redattrice del blog CompassUnibo incontra per caso due entusiasti editor di SemioBo? Semplice: i tre si studiano, chiacchierano, scherzano e alla fine... organizzano un'intervista!
Pochi giorni fa, Licia Giglio ha fatto ad Anna Loscalzo e me alcune domande sul progetto SemioBo e, in particolare, sul rapporto tra semiotica e web. È stata un'ottima occasione per raccontare a dei nostri colleghi di cosa ci occupiamo e provare a sfatare qualche (falso) mito che aleggia intorno alla semiotica e i suoi studenti. Ecco il testo integrale dell'intervista. Se vi chiedete cos'è la semiotica e/o cos'è SemioBo, qui troverete tutte le risposte alle vostre domande. Buona lettura ;-)
Pochi giorni fa, Licia Giglio ha fatto ad Anna Loscalzo e me alcune domande sul progetto SemioBo e, in particolare, sul rapporto tra semiotica e web. È stata un'ottima occasione per raccontare a dei nostri colleghi di cosa ci occupiamo e provare a sfatare qualche (falso) mito che aleggia intorno alla semiotica e i suoi studenti. Ecco il testo integrale dell'intervista. Se vi chiedete cos'è la semiotica e/o cos'è SemioBo, qui troverete tutte le risposte alle vostre domande. Buona lettura ;-)
mercoledì 29 maggio 2013
Greimas Vs Accorsi
Ricordate il mantra greimasiano: "Fuori dal testo non c'è salvezza"? Bene, dopo aver visto questa sequenza di Santa Maradona, non ne sono più tanto convinto :-p.
P.S. Questa chicca di semiotica nei media l'ho razziata dalla Fan Page di SemioBo.
P.S. Questa chicca di semiotica nei media l'ho razziata dalla Fan Page di SemioBo.
sabato 25 maggio 2013
Auto-consigli per gli acquisti
Dunque, vediamo: la semiotica mi piace (penso che ormai si sia capito), il calcio pure (a proposito, forza Napoli :-p), allora mi sa che dovrò procurarmi Semiotica del calcio in tv. I segni dello sport nello spettacolo postmoderno, un volumetto di Davide Pessach pubblicato da Mimesis pochi mesi fa. Ecco la quarta di copertina:
Lo sport è oggi uno degli spettacoli maggiormente in grado di saturare il nostro immaginario; televisivamente parlando ha la capacità di unire audience dalle caratteristiche sorprendentemente trasversali per generare entusiasmi locali o planetari. Ma il suo linguaggio è sempre più intriso di segni che non gli appartengono,e hanno più a che fare con logiche di spettacolo e di marketing e che raccontano, quindi, storie altre, legate a una progettualità ben più complessa del singolo, semplice gesto atletico. L'analisi semiologica proposta è quindi una sorta di sguardo fugace, ma allo stesso tempo approfondito, sull'universo segnico che costruisce lo spettacolo sportivo contemporaneo, alla ricerca di quella significazione seconda che Barthes chiamava "mito".
Che dire, nel mio piccolo mi sono imbattuto in analisi semiotiche degli oggetti culturali più disparati, ma questo mi mancava!
Lo sport è oggi uno degli spettacoli maggiormente in grado di saturare il nostro immaginario; televisivamente parlando ha la capacità di unire audience dalle caratteristiche sorprendentemente trasversali per generare entusiasmi locali o planetari. Ma il suo linguaggio è sempre più intriso di segni che non gli appartengono,e hanno più a che fare con logiche di spettacolo e di marketing e che raccontano, quindi, storie altre, legate a una progettualità ben più complessa del singolo, semplice gesto atletico. L'analisi semiologica proposta è quindi una sorta di sguardo fugace, ma allo stesso tempo approfondito, sull'universo segnico che costruisce lo spettacolo sportivo contemporaneo, alla ricerca di quella significazione seconda che Barthes chiamava "mito".
Che dire, nel mio piccolo mi sono imbattuto in analisi semiotiche degli oggetti culturali più disparati, ma questo mi mancava!
mercoledì 22 maggio 2013
Il mio ultimo post su SemioBo
Un altro esame se ne va e torno a scrivere per SemioBo. Pochi giorni fa è stato pubblicato un mio post intitolato Sorprendere illimitatamente. Uno sguardo (semiotico) agli spot delle compagnie di telefonia mobile. Ecco qui l'incipit, il resto lo trovate sul nuovissimo www.semiobo.it. Buona lettura!
Dopo Bruno, l’orso metaforico che ama pattinare e Pino, il simpatico (?) palmipede con la passione per il canto, pensavamo di averle viste tutte. Evidentemente ci sbagliavamo, perché con abile mossa intertestuale, un recente spot ci mostra il suddetto orso improvvisarsi cantante e citare il tormentone del suo amico antartico. Un vero capolavoro di autoreferenzialità.
Dopo Bruno, l’orso metaforico che ama pattinare e Pino, il simpatico (?) palmipede con la passione per il canto, pensavamo di averle viste tutte. Evidentemente ci sbagliavamo, perché con abile mossa intertestuale, un recente spot ci mostra il suddetto orso improvvisarsi cantante e citare il tormentone del suo amico antartico. Un vero capolavoro di autoreferenzialità.
Ma mentre la Vodafone se la suona e se la canta, le sue concorrenti come investono il loro budget pubblicitario? CONTINUA A LEGGERE
sabato 18 maggio 2013
I 10 comandamenti semiotici
Mentre Massimo Leone, in un interessante articolo apparso su Cultural Insight, propone i suoi 10 comandamenti per diventare un semiotico, io, invece, vi propongo un gioco: una mia personalissima rielaborazione in chiave semiotica dei 10 comandamenti biblici. Ecco qui:
1) Non avrai altro Destinante al di fuori di me.
2) Non semantizzare il nome di Dio invano.
3) Ricordati di assiologizzare le feste.
4) Onora Peirce e Saussure.
5) Non uccidere nell'uovo.
6) Non commettere atti linguistici impuri.
7) Non connotare.
8) Non dire falsa inferenza.
9) Non sanzionare la donna d'altri.
10) Non sovrainterpretare la roba d'altri.
Cosa ne pensate? Quale preferite? Ve ne vengono in mente altri più calzanti? Se vi va, scrivete la vostra versione o il vostro comandamento nei commenti e proviamo a creare insieme il nostro decalogo semiotico!
P.S. Chi sa dirmi a cosa mi riferisco nel punto 5? :-p
1) Non avrai altro Destinante al di fuori di me.
2) Non semantizzare il nome di Dio invano.
3) Ricordati di assiologizzare le feste.
4) Onora Peirce e Saussure.
5) Non uccidere nell'uovo.
6) Non commettere atti linguistici impuri.
7) Non connotare.
8) Non dire falsa inferenza.
9) Non sanzionare la donna d'altri.
10) Non sovrainterpretare la roba d'altri.
Cosa ne pensate? Quale preferite? Ve ne vengono in mente altri più calzanti? Se vi va, scrivete la vostra versione o il vostro comandamento nei commenti e proviamo a creare insieme il nostro decalogo semiotico!
P.S. Chi sa dirmi a cosa mi riferisco nel punto 5? :-p
mercoledì 15 maggio 2013
Blogger. Lo stai facendo male
Ormai è ufficiale: sto imperdonabilmente trascurando questo blog. Nelle ultime due settimane non ho postato nulla. Tutta colpa di un esame da mille e una nott...ata! Anche se...
Ok, lo ammetto: il poco tempo che sono riuscito a ritagliarmi, l'ho dedicato a SemioBo. Ci sono grandi novità! Abbiamo un nuovo logo (in cui c'è il mio zampino :-p), un nuovo sito (con tanto di url personalizzato), una pagina Facebook e un profilo Twitter. Insomma, se non l'aveste ancora capito, facciamo sul serio! Non mi credete? Date uno sguardo alla foto qui sotto... XD
Ok, lo ammetto: il poco tempo che sono riuscito a ritagliarmi, l'ho dedicato a SemioBo. Ci sono grandi novità! Abbiamo un nuovo logo (in cui c'è il mio zampino :-p), un nuovo sito (con tanto di url personalizzato), una pagina Facebook e un profilo Twitter. Insomma, se non l'aveste ancora capito, facciamo sul serio! Non mi credete? Date uno sguardo alla foto qui sotto... XD
sabato 27 aprile 2013
Tropical Pizza e la semiotica
Avvertenze
- Il video che segue potrebbe urtare la sensibilità di alcuni semiotici. Contiene scempi teorici e abomini terminologici. Si declina ogni responsabilità dalle possibili crisi epilettiche che potrebbero cogliere studiosi, studenti e appassionati di questa disciplina.
- La sua pubblicazione avviene esclusivamente per dovere di cronaca, perché anche questa - purtroppo - è semiotica nei media.
- Nonostante gli sforzi delle autorità competenti (in primis il suo prof.) la sedicente studentessa non è stata ancora identificata e a tutt'oggi risulta latitante.
domenica 21 aprile 2013
Quadrati semiotici e "lettori idealtipici". Per una tipologia dei lettori di un blog
Qualche giorno fa, durante una delle mie perlustrazioni semiotiche in rete, mi sono imbattuto in una cosa interessante. Si tratta di un articolo scritto da Riccardo Esposito su My Social Web in cui l'autore propone una classificazione dei possibili lettori di un blog. La cosa simpatica è che lo fa servendosi di un quadrato semiotico. O meglio, di qualcosa che gli si avvicina molto. D'altra parte, il post è stato scritto in pieno boom del fenomeno Squadrati, quando cimentarsi con questo strumento teorico andava di moda e fruttava anche un buon numero di visite. Questo è lo schema proposto (clic per ingrandire):
Devo dire che ho trovato molto efficaci - oltre che accattivanti - le categorie individuate e così ho pensato di riprenderlo e lavorarci un po' su. Gli ho dato una sistematina, in modo da renderlo formalmente corretto e non fare torto al mio prof di Semiotica Strutturale e Generativa. Ecco qui la mia rielaborazione (clic per ingrandire):
Sull'asse dei contrari poniamo il commentare e il condividere. Negando questi due termini, generiamo i rispettivi contraddittori, il non commentare e il non condividere. A questo punto, facciamo ricorso ai cosiddetti termini di seconda generazione, ossia accorpiamo i termini di base a due a due ed ecco emergere i nostri quattro tipi di lettori.
Ora, a voler essere sinceri (e rompipalle :-p) mentre le relazioni di contrarietà e contraddizione potrebbero funzionare, quella di implicazione, invece, mi sa che non tiene. In sostanza, nel passare dal non condividere al commentare (o dal non commentare al condividere) penso ci sia uno scarto logico talmente forte, che non è possibile parlare di presupposizione e quindi di implicazione. Voi cosa ne pensate?
Vabbè, forse mi sono fatto prendere un po' la mano. Purtroppo o per fortuna questa e altre disquisizioni sono solo #robadasemiotici. O aspiranti tali :-).
Devo dire che ho trovato molto efficaci - oltre che accattivanti - le categorie individuate e così ho pensato di riprenderlo e lavorarci un po' su. Gli ho dato una sistematina, in modo da renderlo formalmente corretto e non fare torto al mio prof di Semiotica Strutturale e Generativa. Ecco qui la mia rielaborazione (clic per ingrandire):
Sull'asse dei contrari poniamo il commentare e il condividere. Negando questi due termini, generiamo i rispettivi contraddittori, il non commentare e il non condividere. A questo punto, facciamo ricorso ai cosiddetti termini di seconda generazione, ossia accorpiamo i termini di base a due a due ed ecco emergere i nostri quattro tipi di lettori.
Ora, a voler essere sinceri (e rompipalle :-p) mentre le relazioni di contrarietà e contraddizione potrebbero funzionare, quella di implicazione, invece, mi sa che non tiene. In sostanza, nel passare dal non condividere al commentare (o dal non commentare al condividere) penso ci sia uno scarto logico talmente forte, che non è possibile parlare di presupposizione e quindi di implicazione. Voi cosa ne pensate?
Vabbè, forse mi sono fatto prendere un po' la mano. Purtroppo o per fortuna questa e altre disquisizioni sono solo #robadasemiotici. O aspiranti tali :-).
lunedì 15 aprile 2013
#robadasemiotici
Ok, la semiotica è una disciplina un tantino di nicchia. E su questo ci siamo. Ma vi siete mai chiesti quanti laureati / studenti / appassionati ci sono in giro? Io me lo chiedo spesso e, appena ho un po' di tempo, mi cimento in qualche piccola ricerca in rete. Sfruttando le piattaforme social (per lo più Facebook, Twitter e Google+) provo a "scovare" altre persone che hanno ceduto al "fascino" di questa materia.
Qualche giorno fa, nel pieno di una delle mie "ricognizioni" su Twitter, mi sono detto: perché non provare a lanciare un hashtag che faccia palesare altri aspiranti semiotici come me? Qualcosa di stuzzicante, che inviti le persone a condividere le proprie (dis)avventure semiotiche? Come avrete capito, in un impeto di irrefrenabile creatività (!), ho partorito #robadasemiotici.
Ok, non è granché, ma ho già in mente il mio primo - pessimo - tweet :-p
Sentir dire "eccì" e non pensare a uno starnuto.
Naturalmente non so quanto questa mia iniziativa riscuoterà "successo" e se mi aiuterà a trovare altri che condividono la mia stessa passione per questa disciplina. Nel frattempo, però, ci ho scritto un post. E credetemi, visto il periodo (di esami) non è poco.
Qualche giorno fa, nel pieno di una delle mie "ricognizioni" su Twitter, mi sono detto: perché non provare a lanciare un hashtag che faccia palesare altri aspiranti semiotici come me? Qualcosa di stuzzicante, che inviti le persone a condividere le proprie (dis)avventure semiotiche? Come avrete capito, in un impeto di irrefrenabile creatività (!), ho partorito #robadasemiotici.
Ok, non è granché, ma ho già in mente il mio primo - pessimo - tweet :-p
Sentir dire "eccì" e non pensare a uno starnuto.
Naturalmente non so quanto questa mia iniziativa riscuoterà "successo" e se mi aiuterà a trovare altri che condividono la mia stessa passione per questa disciplina. Nel frattempo, però, ci ho scritto un post. E credetemi, visto il periodo (di esami) non è poco.
venerdì 5 aprile 2013
Semiotic Love (?)
Scommetto che non lo conoscete. È un pezzo dei Blaqk Audio, un duo elettronico americano di cui anche io ignoravo l'esistenza fino a due giorni fa.
Si, lo so, fa un po' bimbominkia e soprattutto... nun s po' sentì. Ma con un titolo del genere non potevo non postarlo. Ah, cosa non si fa per un po' di semiotica nei media!
Si, lo so, fa un po' bimbominkia e soprattutto... nun s po' sentì. Ma con un titolo del genere non potevo non postarlo. Ah, cosa non si fa per un po' di semiotica nei media!
martedì 2 aprile 2013
In questo mondo di ladri
Non c'è che dire, studiare semiotica cambia irrimediabilmente il modo in cui guardi il mondo e le cose che ti circondano. Un esempio? Date uno sguardo a questa - strana - foto qui sotto (clic per ingrandire).
L'ho scattata io, ma mi credereste se vi dicessi che la prima cosa che ho pensato quando l'ho rivista pochi giorni fa è stato: "Toh, guarda che bel meccanismo semi-simbolico!"?
Nella parte sinistra abbiamo uno spazio aperto, luminoso, percorribile in senso ascendente (la rampa di scale). Sulla destra, invece, notiamo uno spazio chiuso, in penombra e non ulteriormente percorribile (la porta sbarrata della cantina). Il primo gruppo di tratti visivi si collega sul piano del contenuto a unità semantiche disforiche, come la vulnerabilità e l'essere indifesi; il secondo gruppo, invece, rimanda a unità euforiche, come la protezione e la tutela del proprio spazio privato.
Come dicevo, si tratta di una foto che ho scattato io stesso una mattina di un paio di anni fa, quando incredulo mi resi conto che un'anta del portone del mio palazzo era stata, diciamo così, asportata. In sostanza durante la notte qualche genio del crimine aveva pensato bene di rubare una parte del portone in alluminio probabilmente con l'intento di rivenderlo a peso e ricavarci qualche euro. Lascio a voi qualsiasi commento o battuta... io ho già dato!
L'ho scattata io, ma mi credereste se vi dicessi che la prima cosa che ho pensato quando l'ho rivista pochi giorni fa è stato: "Toh, guarda che bel meccanismo semi-simbolico!"?
Nella parte sinistra abbiamo uno spazio aperto, luminoso, percorribile in senso ascendente (la rampa di scale). Sulla destra, invece, notiamo uno spazio chiuso, in penombra e non ulteriormente percorribile (la porta sbarrata della cantina). Il primo gruppo di tratti visivi si collega sul piano del contenuto a unità semantiche disforiche, come la vulnerabilità e l'essere indifesi; il secondo gruppo, invece, rimanda a unità euforiche, come la protezione e la tutela del proprio spazio privato.
Come dicevo, si tratta di una foto che ho scattato io stesso una mattina di un paio di anni fa, quando incredulo mi resi conto che un'anta del portone del mio palazzo era stata, diciamo così, asportata. In sostanza durante la notte qualche genio del crimine aveva pensato bene di rubare una parte del portone in alluminio probabilmente con l'intento di rivenderlo a peso e ricavarci qualche euro. Lascio a voi qualsiasi commento o battuta... io ho già dato!
giovedì 28 marzo 2013
SemioBo: l'avventura continua
Ebbene si, l'esperimento di blogging collettivo di cui vi ho parlato poco tempo fa qui, prosegue. Il blog è stato preso in carico da noi studenti, con il sostegno e la consulenza esterna del prof. Yahis Martari. Con impegno ed entusiasmo stiamo provando a lavorare come una vera - piccola - redazione.
Naturalmente la pubblicazione di nuovi articoli, non si ferma. Pochi giorni fa è stato pubblicato un post che ho scritto insieme a Roberto Molica: "Treni ad alta Identità. Inversioni e sdoppiamenti nelle identità visive di Italo e delle Frecce" e ho pensato di postarne una parte anche qui. Il resto lo trovate su SemioBo! Buona lettura.
Ha un colore un po’ retrò e un nome d’altri tempi. È Italo, l’elettrotreno di ultima generazione con cui Ntv è entrata nel settore ferroviario italiano. Nato per fare concorrenza a Trenitalia sulle tratte ad alta velocità, la sua identità visiva è strategicamente costruita per contrapporsi a quella delle note Frecce: rossa, argento e bianca. Basta dare uno sguardo ai loro logo... CONTINUA A LEGGERE
Naturalmente la pubblicazione di nuovi articoli, non si ferma. Pochi giorni fa è stato pubblicato un post che ho scritto insieme a Roberto Molica: "Treni ad alta Identità. Inversioni e sdoppiamenti nelle identità visive di Italo e delle Frecce" e ho pensato di postarne una parte anche qui. Il resto lo trovate su SemioBo! Buona lettura.
Ha un colore un po’ retrò e un nome d’altri tempi. È Italo, l’elettrotreno di ultima generazione con cui Ntv è entrata nel settore ferroviario italiano. Nato per fare concorrenza a Trenitalia sulle tratte ad alta velocità, la sua identità visiva è strategicamente costruita per contrapporsi a quella delle note Frecce: rossa, argento e bianca. Basta dare uno sguardo ai loro logo... CONTINUA A LEGGERE
sabato 23 marzo 2013
Perché studiare semiotica?
Che domande: per avere un buon argomento con cui rompere il ghiaccio durante una festa o a un colloquio di lavoro, provando a spiegare cos'è la semiotica.
A parte gli scherzi, ecco un bell'articolo (in inglese) di Steven Johnson uscito sul New York Times nell'ottobre 2011: I was an under-age semiotician.
Steven Johnson è un giornalista, scrittore e teorico dei media statunitense. Scrive per il New York Times, il Wall Street Journal e il Financial Times. Collabora con Wired ed è autore di numerosi libri, tra cui il best seller "Everything Bad Is Good for You", tradotto anche in italiano con il titolo "Tutto quello che fa male ti fa bene". È stato speaker alle conferenze TED del 2003 e del 2006.
A parte gli scherzi, ecco un bell'articolo (in inglese) di Steven Johnson uscito sul New York Times nell'ottobre 2011: I was an under-age semiotician.
Steven Johnson è un giornalista, scrittore e teorico dei media statunitense. Scrive per il New York Times, il Wall Street Journal e il Financial Times. Collabora con Wired ed è autore di numerosi libri, tra cui il best seller "Everything Bad Is Good for You", tradotto anche in italiano con il titolo "Tutto quello che fa male ti fa bene". È stato speaker alle conferenze TED del 2003 e del 2006.
(Foto e cenni biografici tratti da Wikipedia)
sabato 16 marzo 2013
Semio_logo o della ricchezza semantica del logo Coop
Di ritorno da una lunga giornata di corsi, decido di fare un salto al supermercato per fare un po' di spesa. Prendo al volo quello che mi serve e mi fiondo alle casse: doccia fredda, c'è una folla incredibile. Rassegnato a una lunga attesa, mi metto in fila e inizio a guardarmi intorno. Ben presto mi ritrovo a fissare una confezione di biscotti, di quelli a marchio Coop. In particolare, ad attirare la mia attenzione è il logo:
È evidente che il lettering tende a creare una specie di catena formata da quattro anelli e che in ognuno di questi siamo in grado di riconoscere una lettera dell'alfabeto. Allo stesso tempo, però, questa soluzione grafica comporta che ogni lettera condivide con quelle vicine una parte di sé e partecipa a formare il carattere successivo. In altre parole, ogni elemento coopera con quello che gli sta accanto alla creazione dell'altro oltre che di un tutto (la sigla "coop").
Questa configurazione visiva rispecchia sul piano dell'espressione ciò a cui l'abbreviazione "coop" rimanda sul piano del contenuto: l'idea di cooperazione, ossia l'atto di cooperare inteso come "opera prestata ad altri o insieme ad altri per la realizzazione di un’impresa o il conseguimento di un fine" (Treccani.it).
Interessante - penso - ma all'improvviso una signora dietro di me mi invita ad avanzare e mette fine al mio piccolo trip. Poco importa, a quanto pare, la profezia di Marsciani si è avverata. E prima del previsto.
È evidente che il lettering tende a creare una specie di catena formata da quattro anelli e che in ognuno di questi siamo in grado di riconoscere una lettera dell'alfabeto. Allo stesso tempo, però, questa soluzione grafica comporta che ogni lettera condivide con quelle vicine una parte di sé e partecipa a formare il carattere successivo. In altre parole, ogni elemento coopera con quello che gli sta accanto alla creazione dell'altro oltre che di un tutto (la sigla "coop").
Questa configurazione visiva rispecchia sul piano dell'espressione ciò a cui l'abbreviazione "coop" rimanda sul piano del contenuto: l'idea di cooperazione, ossia l'atto di cooperare inteso come "opera prestata ad altri o insieme ad altri per la realizzazione di un’impresa o il conseguimento di un fine" (Treccani.it).
Interessante - penso - ma all'improvviso una signora dietro di me mi invita ad avanzare e mette fine al mio piccolo trip. Poco importa, a quanto pare, la profezia di Marsciani si è avverata. E prima del previsto.
martedì 12 marzo 2013
Odio profondo...indovinate un po' per cosa
Non ho resistito. Quando ho visto nelle tendenze di Twitter l'hashtag #odioprofondoper non ho potuto fare a meno di cercare la parolina "semiotica". Mio malgrado ero certo che qualcuno l'avrebbe chiamata in causa. E infatti (clic per ingrandire)...
Ora, vorrei dire: ma poverina, che ti ha fatto? E poi da una come te tutto mi aspettavo fuorché un'esternazione di odio, con quel tripudio di cuoricini! Uhm, ok la smetto :-). Non digerire una disciplina, o forse in questo caso un esame, ci può stare. L'importante è non fare gesti scellerati come questo.
martedì 5 marzo 2013
Semiotici online
Avete presente quegli articoli in cui il blogger fa il figo stilando una classifica o proponendo un decalogo? Bene, questo non è uno di quelli. Il mio, infatti, è un semplice - ma spero utile - elenco. Con buona pace della coolness, tanto mia quanto del post :-p
Si tratta di una raccolta di blog e siti personali di semiotici italiani. Molti di questi vengono aggiornati con regolarità e danno la possibilità di scaricare materiali didattici e pubblicazioni difficilmente reperibili. Naturalmente, non si tratta di un elenco esaustivo e ringrazio chi vorrà segnalarmi i siti web di altri studiosi. Detto questo ecco la lista:
P.S Ho volutamente omesso il blog di Omar Calabrese, semiotico toscano recentemente scomparso.
Si tratta di una raccolta di blog e siti personali di semiotici italiani. Molti di questi vengono aggiornati con regolarità e danno la possibilità di scaricare materiali didattici e pubblicazioni difficilmente reperibili. Naturalmente, non si tratta di un elenco esaustivo e ringrazio chi vorrà segnalarmi i siti web di altri studiosi. Detto questo ecco la lista:
Daniele Barbieri Giovanna Cosenza Umberto Eco Ruggero Eugeni | Francesco Marsciani Isabella Pezzini Piero Polidoro Giampaolo Proni Stefano Traini Ugo Volli Salvatore Zingale |
sabato 2 marzo 2013
lunedì 25 febbraio 2013
Piccolo spazio pubblicità: è nato SemioBo
Oggi vorrei segnalarvi un'iniziativa a cui ho la fortuna e il piacere di partecipare. Sto parlando di SemioBo, un blog collettivo in cui trovano spazio gli scritti più interessanti prodotti dagli studenti del Laboratorio di Scrittura del Corso di Laurea Magistrale in Semiotica dell'Università di Bologna.
I post spaziano dall'attualità alla politica, dalla pubblicità ai nuovi media, dalla tv all'arte. L'idea è di utilizzare gli strumenti teorici appresi per comprendere meglio la realtà che ci circonda. Niente tecnicismi e metalinguaggio, però. Gli articoli hanno un taglio divulgativo. Se vi va dategli uno sguardo, penso sia un buon modo di avvicinarsi alla semiotica, poco-poco, piano-piano, per dirla alla Marzullo :-p
Ecco il mio primo post, scritto a quattro mani con Gloria Neri: "Gli spot elettorali della campagna di Centro-Sinistra, 2013: leader, passioni ed effetti di realtà"
Critiche, suggerimenti e consigli sono più che graditi :-) Buona lettura!
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AGGIORNAMENTO: attenzione il blog è stato trasferito. I link che trovate in questo articolo non sono più attivi. Tutti i contenuti sono stati spostati all'indirizzo www.semiobo.it. Buona lettura!
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I post spaziano dall'attualità alla politica, dalla pubblicità ai nuovi media, dalla tv all'arte. L'idea è di utilizzare gli strumenti teorici appresi per comprendere meglio la realtà che ci circonda. Niente tecnicismi e metalinguaggio, però. Gli articoli hanno un taglio divulgativo. Se vi va dategli uno sguardo, penso sia un buon modo di avvicinarsi alla semiotica, poco-poco, piano-piano, per dirla alla Marzullo :-p
Ecco il mio primo post, scritto a quattro mani con Gloria Neri: "Gli spot elettorali della campagna di Centro-Sinistra, 2013: leader, passioni ed effetti di realtà"
Critiche, suggerimenti e consigli sono più che graditi :-) Buona lettura!
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AGGIORNAMENTO: attenzione il blog è stato trasferito. I link che trovate in questo articolo non sono più attivi. Tutti i contenuti sono stati spostati all'indirizzo www.semiobo.it. Buona lettura!
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giovedì 21 febbraio 2013
Nell'era della confusione semiotica
Così si intitola una canzone dei 99 Posse, noto gruppo musicale raggamuffin napoletano. Devo dire che non è il mio genere, ma ciò non toglie che il brano sia un ottimo esempio di semiotica nei media.
Nel testo si fa riferimento nientepopodimeno che alla rottura di «semiotiche gabbie di identificazione». Wow :-p
Nel testo si fa riferimento nientepopodimeno che alla rottura di «semiotiche gabbie di identificazione». Wow :-p
domenica 17 febbraio 2013
Considerazioni semiotiche su La canzone mononota
Lo confesso, sono un grande fan degli Elio e le storie tese. Li seguo da diversi anni e sono perfino riusciti a farmi vivere con trepidazione la finale del Festival di Sanremo. Così, mentre La canzone mononota impazzava in rete e mi entrava in testa, mi sono detto: perché non provare a farne una piccola analisi, magari adottando uno sguardo - e un ascolto - semiotico? Ecco quello che ne è venuto fuori.
Gli effetti cognitivi, passionali e pragmatici
Dal punto di vista strettamente musicale, la canzone si rivela incredibilmente complessa e assolutamente non lineare. Le mie conoscenze musicali non mi permettono di entrare nel merito della sua struttura, ma forse vale la pena notare una cosa. L’ascoltatore medio, pur non riuscendo ad apprezzare fino in fondo la difficoltà di composizione ed esecuzione di un pezzo del genere, si trova, suo malgrado, coinvolto in una specie di gioco nel quale è invitato ad avanzare ipotesi - spesso disattese - su come proseguirà il pezzo. Se la struttura classica della canzone pop (strofa - ponte - ritornello) lo rassicura con il suo - eterno - ritorno, La canzone mononota gli fa vivere il brivido dell’ignoto: dopo ogni passaggio lo lascia sospeso tra una serie di possibilità. Questa impossibilità previsionale ha il suo culmine nel falso finale. Dopo due minuti lo spettatore, ormai provato dal tentativo di mantenere il "filo del discorso", è pronto a cadere nel piccolo tranello. A questo punto il coinvolgimento da cognitivo ed emotivo, diventa pragmatico: il pubblico al primo ascolto (ma non solo) è portato ad applaudire. Con il loro batter le mani gli astanti non solo sanzionano positivamente la performance ma ne divengono inconsapevolmente parte integrante.
La metareferenzialità
La canzone, in quanto oggetto sincretico, chiama in causa più linguaggi espressivi: una componente sonora (la musica) e una verbale (il testo). Questa distinzione - per certi versi banale - ci permette di cogliere meglio una caratteristica essenziale di questo pezzo: si tratta di una metacanzone, ossia di una canzone nella quale si "parla" di come è fatta una canzone. Per capirci, è un po' come un film nel quale ci viene mostrato come viene girato un film. Elio, attraverso la componente verbale, ci spiega come è possibile rendere non monotona una canzone mononota chiamando in causa l'altezza, il tempo, il ritmo, gli accordi ecc. e anticipa sistematicamente (anche se in modo generico) quello che sarà l’evolversi della canzone sul piano della componente sonora.
L'intertestualità
Chi conosce gli Eelst, sa che le loro canzoni sono piene di rimandi, citazioni e frame musicali presi a prestito da altre opere più o meno note e più o meno colte. Tutto ciò che viene preso dagli Elii finisce per essere manipolato e risemantizzato, quasi sempre a fini stranianti o parodistici. In questo caso troviamo riferimenti espliciti a fatti realmente accaduti come i tentativi di Rossini e Jobim di comporre una canzone con una nota sola (a tal proposito vi rimando a un bel video di Cesare Picco); oppure l’inserimento di frammenti tratti da altri generi (il samba) o opere musicali (l’inno cubano) che rendono la loro canzone una sorta di patchwork musicale, attraverso il quale mettere in mostra le loro grandi doti di musicisti e arrangiatori.
La dimensione ironica
Una canzone di questo genere potrebbe sembrare uno splendido, ma sterile, esercizio di stile. Se però si prende in considerazione il contesto in cui è stata proposta, allora le cose cambiano. Si dice spesso che il Festival sia una kermesse durante la quale si ascolta e si premia "sempre la stessa musica". Ecco che, in questo contesto, La canzone mononota suona come una parodia dell’intero evento e delle dinamiche che lo contraddistinguono. Una presa in giro di compositori, cantautori, e big che in questi anni hanno partecipato a Sanremo con brani spesso banali o “già sentiti”. Insomma, a fronte di tante canzoni articolate ma monotone, eccone una mononota incredibilmente originale.
Le strategie enunciative
Infine un cenno sulle strategie di enunciazione, cioè sul modo in cui è stata eseguita la canzone. Tutte le esibizioni degli Eelst sono caratterizzate da una spiccata dimensione teatrale. In questo caso l'effetto ironico e dissacrante del loro brano è stato rafforzato dai travestimenti che, oltre a divertire per la loro eccentricità, arricchiscono il senso delle loro performance. Ad esempio, la trovata della fronte alta rimanda fisiognomicamente all’idea di intelligenza superiore; intelligenza di cui ironicamente si vantano. L’idea di travestirsi da grassoni, invece, oltre a richiamare la mise dei grandi tenori, sembra essere un riferimento ai tanti palloni gonfiati che negli anni hanno calcato il palco di Sanremo.
martedì 12 febbraio 2013
Nike e la presentificazione dell'assenza
Date uno sguardo ai manifesti con i quali il Nike Store di Bologna promuove i propri saldi invernali (clic per ingrandire). Qualcosa mi dice che piacerebbero molto al mio prof di Semiotica Interpretativa :-p
Le tre affissioni, infatti, mettono in scena l'assenza, la rendono presente all'osservatore, la presentificano. Riconosciamo, nell'ordine, uno stadio, degli spalti e un campo di calcetto, tutti letteralmente deserti. In quest'ultimo perfino il portiere, di solito fedele al proprio ruolo di ultimo baluardo, si è dileguato, lasciando sguarnita la propria porta.
Personalmente l'effetto passionale che ne ricavo è di leggera inquietudine, ma ad attenuarlo ci pensa la presenza - per certi versi ingombrante - della marca che letteralmente "prende posto" in campo e sugli spalti. In questo modo essa non solo rivendica la propria centralità, ma ci dà un indizio su ciò che ha causato cotanta desolazione: non appena la notizia dei saldi Nike è giunta all'orecchio di giocatori, tifosi e sportivi in genere, questi hanno immediatamente lasciato i luoghi che sono soliti frequentare e in cui verosimilmente si trovavano (stadi, spalti, campi da calcio e calcetto) fiondandosi nei punti vendita Nike per approfittare delle offerte.
In definitiva, si tratta di immagini insolite, per certi versi stranianti e in quanto tali, in grado di attirare l'attenzione del fruitore. Allo stesso tempo, è proprio a partire da questa sensazione di vuoto che è possibile ipotizzare un corso di eventi ben preciso e coerente con gli obiettivi comunicativi della marca, a riprova del fatto che spesso in un testo ciò che manca è ancora più importante di quello che ci viene presentato.
sabato 9 febbraio 2013
Cose da Paz!
Per la rubrica Semiotica nei media, ecco un film che ogni studente universitario di Bologna dovrebbe vedere. Sto parlando di Paz!, pellicola del 2002 diretta da Renato De Maria, tratta dai fumetti del grande Andrea Pazienza e ambientata nella tumultuosa Bologna del '77.
In una scena del film, Enrico Fiabeschi, studente fuori corso del DAMS (indirizzo Cinema), si appresta a sostenere nientepopodimeno che l'esame di semiotica. La posta in palio è alta. Fiabeschi, infatti, deve necessariamente superarlo se vuole evitare di partire per il servizio militare.
Il candidato stenta, la prof incalza, la tensione sale e...
P.S. Un altro sketch altrettanto divertente lo trovi nel post "Cosa studi? Semiotica".
In una scena del film, Enrico Fiabeschi, studente fuori corso del DAMS (indirizzo Cinema), si appresta a sostenere nientepopodimeno che l'esame di semiotica. La posta in palio è alta. Fiabeschi, infatti, deve necessariamente superarlo se vuole evitare di partire per il servizio militare.
Il candidato stenta, la prof incalza, la tensione sale e...
P.S. Un altro sketch altrettanto divertente lo trovi nel post "Cosa studi? Semiotica".
martedì 5 febbraio 2013
Libri perduti e ritrovati
Quanti di voi si sono trovati, almeno una volta, nella spiacevole situazione di non riuscire a reperire un libro di argomento semiotico perché fuori catalogo o edito da una casa editrice scomparsa? Temo molti, purtroppo.
Consapevole di ciò, l'AISS (Associazione Italiana Studi Semiotici) attraverso la sua rivista online E/C, ha deciso di mettere a disposizione di studenti e studiosi un buon numero di testi semiotici, di fatto scomparsi dal mercato editoriale. Ognuno di essi è liberamente e totalmente scaricabile in formato pdf ad alta risoluzione (ottimo per la stampa).
Ad oggi l'elenco comprende 20 titoli, tutti appartenenti alla collana Segnature, ma in futuro la lista potrebbe allungarsi. Ecco il link alla sezione Biblioteca del sito. Buona lettura a tutti.
Consapevole di ciò, l'AISS (Associazione Italiana Studi Semiotici) attraverso la sua rivista online E/C, ha deciso di mettere a disposizione di studenti e studiosi un buon numero di testi semiotici, di fatto scomparsi dal mercato editoriale. Ognuno di essi è liberamente e totalmente scaricabile in formato pdf ad alta risoluzione (ottimo per la stampa).
Ad oggi l'elenco comprende 20 titoli, tutti appartenenti alla collana Segnature, ma in futuro la lista potrebbe allungarsi. Ecco il link alla sezione Biblioteca del sito. Buona lettura a tutti.
giovedì 31 gennaio 2013
Amarcord semiotico
Ma solo a me questo spot fa venire in mente Identità Visive di Floch (forse il più bel libro di semiotica della pubblicità mai scritto) e la sua indimenticabile analisi comparativa dei logo Ibm e Apple?
martedì 29 gennaio 2013
Semiotica nel testo
Ormai ci ho preso gusto a giocare con le preposizioni. Dopo aver inaugurato la rubrica semiotica nei media, ve ne propongo un'altra dal nome altrettanto "fantasioso": semiotica nel testo.
Ieri sera, infatti, durante un classico aperitivo bolognese a base di semiotica, risate e mortadella, Marta ci ha messo al corrente dell'esistenza di un libro dal titolo stuzzicante: Semiotica, pub e altri piaceri. Non si tratta di un manuale né di un saggio scientifico, bensì di un vero e proprio romanzo dello scrittore scozzese Alexander McCall Smith.
Dal momento che non ho ancora avuto modo di leggerlo (ma ho intenzione di farlo al più presto) mi limito a riportare qui la descrizione ufficiale:
Mentre Edimburgo si gode gli ultimi preziosi giorni di sole estivo e migliaia di turisti invadono le sue strade per il Fringe, Alexander McCall Smith torna a seguire le avventure degli inquilini del 44 di Scotland Street. Tra una seduta dallo psicanalista, il corso di italiano e un'ora di yoga, il piccolo e talentuoso Bertie sogna di andarsene di casa per giocare a rugby e guardare i treni alla stazione, ma si ritrova alla scuola steineriana con la solita salopette color fragola; sua madre Irene scopre suo malgrado di nascondere una rabbiosa anima conservatrice dietro la facciata politicamente corretta, mentre grazie a un corso di autostima il padre Stuart trova il coraggio di far valere le ragioni dei maschi di famiglia e trascina il figlio in un'avventurosa partita a carte con un gangster di Glasgow. Intanto, al piano superiore, Pat trascorre il secondo anno sabbatico all'inseguimento del vero amore e viene invitata a un improbabile raduno nudista; il suo vanitoso compagno d'appartamento Bruce, dopo aver perso lavoro e fidanzata, si reinventa mercante di vini e, sull'altro lato del pianerottolo, Domenica, saggia ed estroversa antropologa, rivendica a gran voce il diritto di osservare il mondo che la circonda e di esprimere la propria opinione su quello che vede. Per nostra fortuna, lo stesso continua a fare anche McCall Smith, che tra una brillante digressione filosofica e un'arguta notazione sul senso della vita, non rinuncia a pungere con il suo umorismo divertito vizi e debolezze altrui.
Da quello che ho potuto leggere in rete, sembra che di semiotica ce ne sia ben poca, ma ormai mi ha incuriosito. Appena avrò terminato di leggerlo, vi dirò. Nel frattempo, se qualcuno di voi l'ha letto e vuole dire la sua, si faccia pure avanti :-p
Ieri sera, infatti, durante un classico aperitivo bolognese a base di semiotica, risate e mortadella, Marta ci ha messo al corrente dell'esistenza di un libro dal titolo stuzzicante: Semiotica, pub e altri piaceri. Non si tratta di un manuale né di un saggio scientifico, bensì di un vero e proprio romanzo dello scrittore scozzese Alexander McCall Smith.
Dal momento che non ho ancora avuto modo di leggerlo (ma ho intenzione di farlo al più presto) mi limito a riportare qui la descrizione ufficiale:
Mentre Edimburgo si gode gli ultimi preziosi giorni di sole estivo e migliaia di turisti invadono le sue strade per il Fringe, Alexander McCall Smith torna a seguire le avventure degli inquilini del 44 di Scotland Street. Tra una seduta dallo psicanalista, il corso di italiano e un'ora di yoga, il piccolo e talentuoso Bertie sogna di andarsene di casa per giocare a rugby e guardare i treni alla stazione, ma si ritrova alla scuola steineriana con la solita salopette color fragola; sua madre Irene scopre suo malgrado di nascondere una rabbiosa anima conservatrice dietro la facciata politicamente corretta, mentre grazie a un corso di autostima il padre Stuart trova il coraggio di far valere le ragioni dei maschi di famiglia e trascina il figlio in un'avventurosa partita a carte con un gangster di Glasgow. Intanto, al piano superiore, Pat trascorre il secondo anno sabbatico all'inseguimento del vero amore e viene invitata a un improbabile raduno nudista; il suo vanitoso compagno d'appartamento Bruce, dopo aver perso lavoro e fidanzata, si reinventa mercante di vini e, sull'altro lato del pianerottolo, Domenica, saggia ed estroversa antropologa, rivendica a gran voce il diritto di osservare il mondo che la circonda e di esprimere la propria opinione su quello che vede. Per nostra fortuna, lo stesso continua a fare anche McCall Smith, che tra una brillante digressione filosofica e un'arguta notazione sul senso della vita, non rinuncia a pungere con il suo umorismo divertito vizi e debolezze altrui.
Da quello che ho potuto leggere in rete, sembra che di semiotica ce ne sia ben poca, ma ormai mi ha incuriosito. Appena avrò terminato di leggerlo, vi dirò. Nel frattempo, se qualcuno di voi l'ha letto e vuole dire la sua, si faccia pure avanti :-p
giovedì 24 gennaio 2013
Eco_verdose
Ecco cosa si rischia a immergersi nell'immensa e straordinaria produzione intellettuale di Umberto Eco:
Ho appena terminato di leggere Kant e l'ornitorinco. Devo dire che ne sono rimasto deluso. Il testo mi sembra scarsamente organizzato, anzi, dirò di più, penso proprio che abbia una Struttura assente. Mentre lo leggevo avevo la sensazione che l'autore continuasse a Dire quasi la stessa cosa. E come lo diceva, poi. Non che mi appassioni La ricerca della lingua perfetta, però un po' di chiarezza e linearità non guasterebbero. Per venirne a capo ho dovuto procedere A passo di gambero e rileggerne molti passaggi. Non sto qui a dirti quante volte ho perso Il segno; dei tre capitoli che compongono il libro, non se ne salva nemmeno uno. So cosa stai pensando, che sono una capra e non sono in grado di comprendere un libro come questo. In tutta onestà non penso che la colpa sia mia, ma di come l'argomento è stato Trattato; di semiotica generale ne mastico parecchia e sinceramente mi interessa ben poco se pensi che mi stia arrampicando Sugli specchi. Resta il fatto che di Semiotica e filosofia del linguaggio ne so più di te.
N.B. Kant e l'ornitorinco non consta di tre capitoli, bensì di sei. La mia è una piccola "licenza poetica" :-p.
mercoledì 23 gennaio 2013
Semiotica nei media
No, non è un errore di battitura. Non volevo riferirmi a quell'ambito disciplinare che si prefigge di "ricostruire e descrivere i progetti di costituzione delle esperienze mediali" (Ruggero Eugeni, Semiotica dei media, p. 58), insomma alla semiotica dei media.
Con questo post, invece, vorrei inaugurare una piccola rubrica. Mi piacerebbe raccogliere, con il vostro aiuto, un po' di materiali massmediatici nei quali si parla, si accenna o anche solo si nomina il termine "semiotica". Un po' per gioco e un po' per dimostrare a chi strabuzza gli occhi ogni volta che sente questa parola, che forse è un tantino più comune di quello che pensa.
Detto questo, secondo voi, in quale sitcom televisiva poteva mai essere tirata in ballo la semiotica?
P.S. Mi sa che la risposta di Penny, "non faccio giardinaggio", andrebbe benissimo nel post Semio...che?
Con questo post, invece, vorrei inaugurare una piccola rubrica. Mi piacerebbe raccogliere, con il vostro aiuto, un po' di materiali massmediatici nei quali si parla, si accenna o anche solo si nomina il termine "semiotica". Un po' per gioco e un po' per dimostrare a chi strabuzza gli occhi ogni volta che sente questa parola, che forse è un tantino più comune di quello che pensa.
Detto questo, secondo voi, in quale sitcom televisiva poteva mai essere tirata in ballo la semiotica?
P.S. Mi sa che la risposta di Penny, "non faccio giardinaggio", andrebbe benissimo nel post Semio...che?
giovedì 17 gennaio 2013
Facendo zapping...a rovescio
Quello pubblicitario è uno degli ambiti discorsivi per cui nutro maggior interesse. A volte capita, mentre passeggio, sfoglio una rivista o guardo la tv, che la mia attenzione venga catturata da qualche affissione, annuncio o spot particolare. Altre volte sono io che mi tuffo nel mare magnum della comunicazione commerciale alla ricerca di qualcosa di interessante.
Uno dei miei "metodi di ricerca", è lo zapping...a rovescio. In altre parole, mi metto comodo e telecomando alla mano, inizio a cambiare compulsivamente canale alla continua ricerca di blocchi pubblicitari, anziché di programmi televisivi. Di ogni spot, poi, a prescindere dal prodotto/servizio pubblicizzato e dal grado di originalità, provo a individuare la forma di valorizzazione e la strategia enunciativa impiegata.
Pochi giorni fa mi sono imbattuto in una pubblicità che ha attirato la mia attenzione. Si tratta dell'ultimo spot di Fastweb che trovate di seguito:
Questa pubblicità presenta una forma di valorizzazione che, con Floch, possiamo definire utopica. Essa prevede che il prodotto venga investito di valori esistenziali, cioè legati a un vero e proprio progetto di vita. In linea di principio non c'è nulla di particolarmente interessante. Infatti, questa come le altre forme di valorizzazione individuate dal semiotico francese (pratica, critica e ludica) non sono che "modi in cui il soggetto tende a valorizzare l'oggetto" (Gianfranco Marrone, Il discorso di marca, p. 94). Dunque, in quanto tali, non dipendono minimamente dal prodotto o dal settore merceologico in questione. In concreto, però, questo spot può essere degno di nota.
Esso, infatti, si inserisce in un settore merceologico (quello dei servizi di telefonia e internet) in cui la stragrande maggioranza - se non la totalità - delle aziende attualmente ricorre a una valorizzazione pratica o critica: siamo abituati a vedere spot di Tim, Vodafone o Wind, in cui i prodotti e i servizi, al di là di scenette comiche o testimonial famosi, vengono valorizzati per le loro performance, o ancor più di frequente, per il loro prezzo particolarmente vantaggioso.
La scelta operata da Fastweb, dunque, potrebbe consentirle, quantomeno nel breve periodo, di differenziarsi dal magma indistinto - sotto il profilo comunicativo - dei concorrenti e di riposizionarsi rispetto ad essi.
Uno dei miei "metodi di ricerca", è lo zapping...a rovescio. In altre parole, mi metto comodo e telecomando alla mano, inizio a cambiare compulsivamente canale alla continua ricerca di blocchi pubblicitari, anziché di programmi televisivi. Di ogni spot, poi, a prescindere dal prodotto/servizio pubblicizzato e dal grado di originalità, provo a individuare la forma di valorizzazione e la strategia enunciativa impiegata.
Pochi giorni fa mi sono imbattuto in una pubblicità che ha attirato la mia attenzione. Si tratta dell'ultimo spot di Fastweb che trovate di seguito:
Questa pubblicità presenta una forma di valorizzazione che, con Floch, possiamo definire utopica. Essa prevede che il prodotto venga investito di valori esistenziali, cioè legati a un vero e proprio progetto di vita. In linea di principio non c'è nulla di particolarmente interessante. Infatti, questa come le altre forme di valorizzazione individuate dal semiotico francese (pratica, critica e ludica) non sono che "modi in cui il soggetto tende a valorizzare l'oggetto" (Gianfranco Marrone, Il discorso di marca, p. 94). Dunque, in quanto tali, non dipendono minimamente dal prodotto o dal settore merceologico in questione. In concreto, però, questo spot può essere degno di nota.
Esso, infatti, si inserisce in un settore merceologico (quello dei servizi di telefonia e internet) in cui la stragrande maggioranza - se non la totalità - delle aziende attualmente ricorre a una valorizzazione pratica o critica: siamo abituati a vedere spot di Tim, Vodafone o Wind, in cui i prodotti e i servizi, al di là di scenette comiche o testimonial famosi, vengono valorizzati per le loro performance, o ancor più di frequente, per il loro prezzo particolarmente vantaggioso.
La scelta operata da Fastweb, dunque, potrebbe consentirle, quantomeno nel breve periodo, di differenziarsi dal magma indistinto - sotto il profilo comunicativo - dei concorrenti e di riposizionarsi rispetto ad essi.
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