Il film è molto bello e interessante, soprattutto per chi studia o opera nel mondo della comunicazione. In più, vi è una piccola chicca: in una delle scene chiave si fa esplicito riferimento a una "semiologia propria della pubblicità" (minuto 1.45). Insomma, oltre che uno dei lavori cinematografici più apprezzati dell'ultimo anno, "No" è anche un ottimo esempio di semiotica nei media. Assolutamente da vedere.
mercoledì 31 luglio 2013
No. I giorni dell'arcobaleno
Dalla sua uscita, la pellicola del regista cileno Pablo Larraín ha fatto parlare molto di sé, vincendo numerosi premi (in patria e non solo) e ricevendo una nomination come miglior film straniero agli Oscar 2013.
Il film ruota attorno alla figura di Renè Saavedra, il pubblicitario cileno che concepì lo spot "Chile l'alegria ya viene", uno spot che avrebbe contribuito a cambiare le sorti del suo Paese. Siamo infatti nel 1988 e al suo team viene commissionata una campagna per sostenere il "No" al referendum in merito alla continuazione del regime di Pinochet.
Il film è molto bello e interessante, soprattutto per chi studia o opera nel mondo della comunicazione. In più, vi è una piccola chicca: in una delle scene chiave si fa esplicito riferimento a una "semiologia propria della pubblicità" (minuto 1.45). Insomma, oltre che uno dei lavori cinematografici più apprezzati dell'ultimo anno, "No" è anche un ottimo esempio di semiotica nei media. Assolutamente da vedere.
Il film è molto bello e interessante, soprattutto per chi studia o opera nel mondo della comunicazione. In più, vi è una piccola chicca: in una delle scene chiave si fa esplicito riferimento a una "semiologia propria della pubblicità" (minuto 1.45). Insomma, oltre che uno dei lavori cinematografici più apprezzati dell'ultimo anno, "No" è anche un ottimo esempio di semiotica nei media. Assolutamente da vedere.
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