Concluse le vacanze ormai da due settimane, sono tornato in terra emiliana più carico (di lavoro) che mai. Devo dire che l'estate è andata bene ed è stata anche alquanto produttiva, tra interessanti letture semiotiche e un buon inizio di stesura della tesi. Comunque, non sto qui a raccontarvi di scottature e aperitivi, piuttosto vi segnalo che su
SemioBo è stato pubblicato un mio post che ho scritto appena uscito dall'embargo digitale in cui mi ero rifugiato. Si intitola
Chi di spot ferisce di spot perisce. Vizi e virtù del subvertising. Ecco qui l'incipit, se vi va dategli un'occhiata ;-).
Amata, odiata e ora persino sovvertita, la pubblicità ha da sempre diviso le coscienze di studiosi, professionisti e persone comuni.
C’è chi sottolinea come abbia inciso positivamente sul processo di sviluppo delle società occidentali, come rappresenti un fulgido esempio della creatività umana e come, in definitiva, sia uno strumento particolarmente potente, ma proprio per questo capace di produrre effetti positivi o negativi sulla cultura sociale a secondo dell’uso che ne viene fatto.
Altri, invece, la considerano un vero e proprio pericolo per la democrazia, la cultura e l’equilibrio cognitivo dell’uomo; un mezzo di manipolazione, di creazione di falsi bisogni e stili di vita e soprattutto il principale veicolo dei tanto osteggiati processi di globalizzazione economica e culturale.
Tra loro spiccano collettivi come adbusters o Billboard Liberation Front che non si limitano a scagliarsi contro la pubblicità, ma la studiano, ne padroneggiano i codici e la combattono a suon di subvertising. CONTINUA A LEGGERE
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