Un anno, otto mesi, tre giorni. Tanto è passato dall’ultimo post che ho pubblicato qui su. Ne sono successe di cose, ma non ha molto senso parlarne: dopotutto questo blog non è un diario, non lo è mai stato e non è il caso che lo diventi proprio ora, che sto tentando di decretarne la chiusura.
Come è evidente dal tenore di gran parte delle cose che ho scritto, è nato per gioco, tra una lezione ad Azzo Gardino e un aperitivo in via Zamboni. Inaspettatamente è durato un bel po’, ospitando riflessioni semiserie, analisi piuttosto rigorose, curiosità da semionerd. Ne è venuto fuori un mappazzone che, stando alle statistiche, stuzzica ancora l’appetito di chi mastica un po’ di semiotica. Per questo lascerò tutto com’è: scanzonato, ai più incomprensibile, a volte autoreferenziale, ma pur sempre a portata di clic.
Al momento, letture di altro genere ispirano il mio lavoro e i miei trip. Ma Eco, Greimas, Lotman, Floch, Barthes sono sempre lì che puntellano la mia libreria e il mio modo di pensare. Io ne sono fiero e le persone attorno a me sembrano apprezzare. Dunque, a te che stai leggendo, sì, proprio tu che sei alle prese con attanti, rizomi e isotopie: tieni duro, goditela se puoi e, comunque vada, occhio ai segni.